sabato 22 aprile 2017

L'altro volto della speranza - Aki Kaurismaki

Ho pensato per un po' se inserire questo film nella rubrica Gli Scacciapensieri oppure no. Alla fine no, perché L'altro volto della speranza di Aki Kaurismaki tutto fa tranne che lasciarti senza qualcosa su cui riflettere.

Per chi conosce il lavoro del regista finlandese non è una novità il suo trattare temi importanti con una dose di ironia finnica tutta particolare. Anche in questo caso il regista si è dedicato a qualcosa di estremamente complesso, ovvero il problema dell'immigrazione da territori martoriati dalla guerra, le richieste d'asilo, l'integrazione e il mondo occidentale, così diverso.


Il protagonista, il clandestino siriano Khaled, arriva per nave in fuga da Aleppo, immerso nel carbone, grazie alla complicità di un membro dell'equipaggio. Ci sembra l'unico personaggio legittimato ad essere triste, sofferente e depresso, scappando dalla guerra del suo lontanissimo paese, eppure la sua storia si intreccia a quella di un commesso viaggiatore, Wikstrom, triste anche lui, che decide di abbandonare la sua attività di venditore di camicie in crisi e di lasciare sua moglie per cambiare vita. Grazie a una forte vincita nel gioco d'azzardo, prenderà in gestione un ristorante con tutto il suo improbabile personale, con il suo carico di sofferenze e un cane imboscato nelle cucine. Tutti verranno coinvolti nel tentativo di restare in Europa di Khaled, dopo che la sua richiesta d'asilo verrà respinta perché alle autorità finlandesi non risulta nessuna guerra in Siria.
Non è solo una gara di solidarietà, il commesso gli darà un tetto e un lavoro, ma non mancano gli skinhead ignoranti che daranno dell'ebreo a Khaled e lo perseguiteranno in varie occasioni.

Le atmosfere sono sempre stranamente retrò, le scenografie sono quasi anni '80, i colori anche, mentre i dialoghi sono caustici, i sorrisi rari, ma l'ironia tanta.Una delle frasi che mi è rimasta impressa è il consiglio che un compagno del centro di accoglienza di Khaled gli dà: deve restare allegro, perché i malinconici vengono mandati respinti subito. E' un consiglio curioso, perché di genuinamente allegro non c'è nessuno.
Caratteristica dei film di Kaurismaki è lo spazio che lascia a gruppi musicali locali, che suonano e recitano nei suoi film: gruppi country, chitarristi solitari, duetti strambi.
Non c'è retorica, c'è solo uno spaccato di umanità.

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