domenica 15 gennaio 2017

L'artista della domenica: Vivian Maier - Autoritratto




Siamo abituati a considerare l'artista un narcisista, uno di quelli che vuole farsi notare, farsi riconoscere e ricevere gloria ed onori. 
Nel mondo della fotografia in particolare, capita piuttosto spesso di incontrare personalità completamente differenti e che il lavoro di alcuni di essi venga scoperto post mortem, come nel caso di Atget. 

Spettacolare è la scoperta di questa fotografa, Vivian Maier, avvenuta per un colpo di fortuna: la persona giusta al momento giusto è venuta in possesso delle sue fotografie, dei suoi negativi e di rullini non ancora sviluppati. 

Iniziamo proprio di qui, nel 2007, da un ragazzo, John Maloof, che stava facendo una ricerca su Chicago, recuperando vecchie fotografie da mercatini e archivi privati. Il caso volle che ci fosse una vendita all'asta del contenuto di un box, il cui affitto non veniva pagato da qualche mese. Per 380 dollari, il ragazzo si aggiudicò l'asta, nella speranza di trovare materiale utile. Ed è qui che tra una montagna di cappelli, vestiti, scontrini che tracciavano la vita di una donna per tutto il Novecento, Maloof trovò una cassa con il materiale fotografico.
John stampò alcune foto e le caricò su Flikr, il social dei fotografi, per avere pareri su quegli scatti. Tra gli entusiasmi suoi e quelli di chi commentava queste foto, decise di rintracciare l'autrice, che si fotografava molto spesso, riflessa in specchi e vetrine della città. 
Scoprì che Vivian Maier era stata per la maggior parte della sua vita una tata, una Mary Poppins armata di macchina fotografica (una Rollieflex e poi una Leica), che non aveva una famiglia propria e aveva abitato con le famiglie per le quali aveva lavorato, ospitata in una depandance o una stanza attigue al luogo di lavoro. Molti dei bambini che aveva cresciuto erano stati da lei fotografati, come anche la vita delle città che aveva frequentato, Chicago, New York e Los Angeles, attestandosi in quella che oggi definiamo street photography

Purtroppo Maloof non è mai riuscito a incontrare Vivien, morta nel 2009, ma ha ricostruito la sua storia, partita da New York, da un padre austriaco e una madre francese, nel 1926. I genitori si separarono e lei fu affidata alla madre che si trasferì nel Bronx, presso un'amica francese appassionata di fotografia. Dopo un ritorno in Francia per qualche tempo, si trasferisce prima del Southampton e poi a Chicago, come bambinaia. Da qui parte la sua avventura come fotografa (e bambinaia, lavoro che non abbandonerà per tutta la sua vita), ci saranno momenti per viaggi intorno al mondo, testimoniati tutti dalla sua produzione fotografica rimasta privata. In un mondo di social, dove le peggiori foto della propria vita intima vengono divulgate, fa molto riflettere questa fotografa, che mi piace raccontare così, con un suo autoritratto. Lei ha serbato gelosamente la sua produzione, trasferendola di casa in casa, in scatoloni che non potevano essere rovistati da nessun'altro. 
Oggi Maloof si occupa di valorizzare l'opera di Vivian Maier, ha realizzato un documentario e ricerca fondi per poter sviluppare e stampare tutta la produzione fotografica  in suo possesso.

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