domenica 22 gennaio 2017

L'artista della domenica: Leocare - Apollo del Belvedere

Apollo del Belvedere
attribuito a Leocare
350 a.C., Copia romana, marmo bianco, 224 cm,
Musei Vaticani, Città del Vaticano
Siamo in pieno Rinascimento. Si elaborano pensieri nuovi, si rivalutano gli antichi, specie di quelli che, in qualche modo, se la passavano meglio a livello intellettuale, rispetto a coloro che dovettero recuperare la cultura umanistica e scientifica. E' in questo periodo di riscoperta che vennero riportate alla luce opere significative, sia per il passato che per quel periodo di rivoluzione intellettuale che si svolse nel XV secolo.
Immaginiamo che cosa potesse voler dire tirare fuori dalla terra opere di grande bellezza, come l'Apollo del Belvedere, ritrovato ad Anzio, ammirato dagli artisti, preso a modello per opere nuove.

Nel XVIII secolo l'Apollo viene considerato un esempio di perfezione artistica e ne scrive qualcosa anche l'amico e ammiratore dei Greci, Johann Joachim Winckelmann, in Storia dell’arte nell’antichità.

Il suo corpo eccelle a confronto di quello umano e dalla sua posa traspare la grandezza che lo pervade. Come nei Campi Elisi, un’eterna primavera ammanta di dolce giovinezza la sua piena e seducente virilità e delicatamente ingentilisce le sue membra maestosamente conformate. Penetra con la tua anima nel regno delle forme eteree e diventa artefice di un mondo divino, affinché il tuo spirito possa godere di bellezze superiori a ciò che è terreno: o lettore, là non esiste alcunché di mortale o schiavo delle umane necessità. [...] Di fronte a una tale meraviglia artistica tutto svanisce dalla mia mente e mi innalzo al di sopra di me stesso per tributarle il giusto omaggio. Preso d’ammirazione, il mio petto pare tendersi e sollevarsi come vedo tendersi quello colmo di spirito profetico, e quasi mi sento trasportato a Delo e nei boschi sacri di Licia, in quei luoghi benedetti dalla presenza di Apollo stesso...
Mi fermo qui. Giacomo Casanova ha già scherzato sugli equivoci del comportamento e della scrittura dello studioso tedesco, in particolare nel celebre l'episodio narrato in Storia della mia vita, dove racconta che, andando a far visita a Winckelmann, che si trovava a Roma, assistette a una scena curiosa nel suo appartamento, di un un giovane e un ragazzetto che si rivestì in fretta e furia. D'altronde l'omosessualità dello studioso tedesco era palese, decisamente dichiarata nei suoi scritti, come si nota nell'estratto sull'Apollo e viene da pensare che la superiorità dei Greci, per lui indiscutibile, potesse essere anche a livello morale. Apollo stesso ha un racconto di amore omosessuale nella sua tradizione, quello per Giacinto.

Tornando all'arte, Winckelmann, ma anche altri, presero un enorme abbaglio: i marmi che tiravano fuori dal territorio laziale raramente era un originale greco. Molto spesso si trattava di copie romane e di certo, anche nel caso di originali, non erano state delle statue bianche, ma colorate, dipinte, i cui colori si erano persi nel tempo. Questa distorsione ha creato nella nostra mente un'immagine errata di quello che doveva essere l'aspetto delle opere classiche, un'illusione che ancora oggi non riusciamo a debellare definitivamente, tanto che restiamo spaesati di fronte a tanto candore.

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