venerdì 29 gennaio 2016

Pellegrino di Puglia - Cesare Brandi

Durante il periodo dell'università, molti professori citavano Cesare Brandi, chi ammettendo che per comprenderlo non basta una lettura, chi con una certa sicumera. Uno dei libri più importanti, uno di quelli più citati è Pellegrino di Puglia, pubblicato per la prima volta nel 1960 dagli Editori Laterza. 
Cesare Brandi è considerato uno dei maggiori esponenti italiani delle teorie sul restauro ed effettivamente il suo libro omonimo è fondamentale per chiunque si avvicini alla conservazione e all'arte in generale. Negli anni '60 si iniziarono a regolamentare gli interventi, per renderli organici e rispettosi di caratteristiche tipiche di un'opera d'arte. 
Tornando al Pellegrino. Si tratta di una sorta di diario di viaggio, che Brandi compie tra Puglia e Basilicata, negli anni '50, citando anche la famosa nevicata del '56. Le due regioni sono unite da un medesimo spirito storico e artistico e, quantomeno per la parte materana della Lucania, questo può considerarsi decisamente veritiero. 
Visita cattedrali, centri storici, castelli, menhir, lasciando considerazioni molto personali. Trovo sia importante leggere questo libro, principalmente per farci comprendere quale fosse la visione di uno storico e critico d'arte di quella portata riguardo la Puglia.
A mio parere questa visione non è molto edificante. 
La Puglia è un meraviglioso, austero, paese arcaico. L'unico dove si assiste ancora allo spettacolo incontaminato, e per interminabili distese, di una flora anteriore alla calata degli indoeuropei: solo ulivi e viti, viti e ulivi, le piante che nel nome, tenacemente conservato e trasmesso, rivelano ancora di essere state trovate sul posto dagli invasori ariani. [...] Ma la terra vera di Puglia è quella arcaica, non arretrata ma immemoriale, che riesce a sopravvivere anche ai grattacieli di Bari, a insinuarsi nelle sue strade lucenti e nel lungomare grandioso. 
Molto poetico di certo, ma già dalle prime pagine si evince un pensiero strisciante che non ho trovato molto gradevole. 
Ma la città vecchia di Bari, non è la sola città o terra murata in Puglia: altre ve ne sono e bellissime, magari in via di scomparire, per rovina, incuria, sorda indifferenza. Volevo dire Molfetta e Giovinazzo soprattutto. Trani sempre sul litorale, è anche di più: e Barletta, a parte la Disfida insopportabile [...].
Parla poi dei Sassi di Matera, all'epoca definiti vergogna d'Italia, perché vivere in grotte, come erano definiti, non era considerato dignitoso. Oggi nei Sassi ci sono molteplici alberghi diffusi, spesso di lusso. Brandi, comunque, propone un recupero, anche perché dice "non si vive sono nelle case di cemento armato". Peccato che il suo progetto per il recupero dei Sassi per me è aberrante:
Ma ognuno di questi Sassi dovrebbe essere espropriato, e, murandosi le caverne, bonificate le stanze costruite, e di tre case farne una, magari: ma cercando di alterare il meno possibile l'esterno, un po' alla volta si arriverebbe a salvare questo nucleo medioevale e a non renderlo meno malsano di qualsiasi altro abitato di città vecchie. 
Va a farsi benedire la conservazione della struttura nella sua interezza, lasciando giusto la facciata, a memoria suppongo. 
Insomma, in qualche modo dalle pagine del libro emerge il desiderio di Brandi che la Puglia resti così com'è, che nulla muti, che nulla si evolva, che non ci siano nuove costruzioni, che le moderne abitazioni in cemento sono il male assoluto, ma non propone nessuna alternativa. "Fermati, fermati, Alberobello!", scrive, sperando in una retrocessione al trullo. Detesta la commistione tra lo spicchio dell'anfiteatro romano di Lecce e i palazzi di epoca fascista, è una sorta di purista architettonico. 
Forse è solo la mia impressione, forse vedo la Puglia sotto una luce diversa, forse, vivendoci, non la idealizzo come quel paese arcaico che millanta Brandi. 
In parte sono rimasta delusa da questo libro, così tanto elevato dai più, però sono convinta che sia necessaria la sua lettura. 

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