lunedì 21 aprile 2014

Nudo: quando l'arte non si capisce dove sia.

Apollo del Belvedere
Il corpo è sempre stato uno dei soggetti più rappresentati in arte: pensiamo ai graffiti nelle caverne di tempi remoti, alle statue dell'antica Grecia fino ai giorni nostri. Spesso e volentieri il corpo è rappresentato nudo, a volte con intenti di rappresentazione della perfezione, della bellezza che passa innanzitutto dal corpo. 
Famosa è rimasta la descrizione di Winckelmann dell'Apollo del Belvedere:
Il suo corpo si leva al di sopra di quello umano e la sua posa rivela la grandezza che lo pervade. Una primavera perenne, come nel beato Elisio, riveste di amabile giovinezza la sua matura affascinante virilità e aleggia con grazia delicata sulla superba struttura delle sue membraPenetra con il tuo spirito nel regno delle bellezze incorporee e cerca di farti creatore di una natura celeste, perché il tuo spirito possa inebriarsi di bellezze superiori alla natura umana: là, o lettore, nulla vi è che sia mortale o schiavo dei bisogni umani. Non una vena, non un nervo, eccitano e agitano questo corpo, ma uno spirito celestiale che vi si riversa come un fiume tranquillo quasi ricolma tutta la superficie di questa figura.
Egli ha inseguito Pitone contro il quale per primo ha teso l'arco ad ora col suo passo potente l'ha raggiunto ed ucciso. Dall'alto del suo spirito soddisfatto va al di là e al di sopra della sua vittoria, verso l'infinito: disprezzo v'è sulle sue labbra e l'ira che egli trattiene tende le sue narici e sale fino alla fronte altera. Ma qui la pace che vi aleggia beata e quieta non ne viene turbata e il suo sguardo è colmo di dolcezza, come tra le Muse che si protendono per avvolgerlo nel loro abbraccio.
Prudence
1996, Witkin
Lasciando però da parte le descrizioni che rivelano un certo interesse di Winckelmann per il proprio sesso (Casanova, che aveva preso lezioni di disegno da lui e che per un periodo lavorò in sua compagnia, lo colse sul fatto), oggi c'è la malsana abitudine di marchiare le fotografie di nudo di un'artisticità che, spiace dirlo, non hanno. Non è una polemica su un presunto erotismo, che spesso non appartiene alla foto, ma proprio del fatto che, siccome è un nudo, allora è artistico. Purtroppo per gli spettatori non è così e ci si ritrova sommersi di schifezze senza infamia e senza lode che ritraggono qualche povero modello, ma spesso è l'artista stesso, nudo con candelieri in mano, sdraiato su improponibili giacigli, sporco di colore (certo: è un po' di tempera o di acrilico che porta nella foto quell'artisticità tanto vantata) o nell'eterno e abusato bianco e nero
Cosa manca per renderli artistici? La comunicazione. Per me l'arte contemporanea ha un serio problema di comunicazione: non riesce più ad arrivare al destinatario. Spogliata della ricerca della bellezza nel senso più stretto del termine, sono pochi gli artisti in grado di trovare altri scopi alla loro arte e no, mi dispiace, ma la scemenza dell'esprimere quello che si ha dentro la lasciamo agli adolescenti in cerca di identità. Non è possibile ridurre l'arte a questo, perché, se così fosse, basterebbe tenere un diario. Se si decide di mostrare agli altri quello che si fa è perché si vuole condividerlo, comunicarlo ed essere incapace di farlo è un problema (se facciamo finta che non lo si faccia per soldi). 
Il nudo ha la sua valenza e può essere estremamente comunicativo, se usato bene. Se poi il nudo è anche morto, le sensazioni sono tremende. Joel-Peter Witkin è un fotografo americano, considerato tra i più originali. La sua formazione comprende la scultura, cosa che fa comprendere perché sia così attratto dal corpo umano. Peccato che lui lo smembri, non sempre, ma spesso. Questa strana scelta di rappresentare la morte viene fatta risalire a un episodio della sua infanzia, quando assistette a un incidente stradale che decapitò la ragazzina che era stata investita: la testa rotolò fino a raggiungerlo, lui avrebbe voluto consolare quella bambina, ma, dice, qualcuno lo portò via da lì. Si può dire che le opere di Witkin siano un modo per esorcizzare la paura della morte. Da qui proviene l'uso di utilizzare cadaveri, interi o a pezzi, perlopiù nudi. Ecco, io non dico che tutti debbano adattarsi all'uso così complesso del corpo in arte, ma forse è il caso di smetterla di spogliarsi, sporcarsi con due tubetti di colore e farsi quelli che oggi verrebbero chiamati selfie. 


2 commenti:

Unknown ha detto...

Articolo molto interessante. Penso che tu abbia ragione : oggi l'arte (perlomeno in certi campi) soffre de comunicazione alterata. Alcuni artisti e galleristi cercano volontariamente di rendere le creazioni incomprensibili ai più, rendendo quindi l'arte contemporanea snob ed elitista, sotto mentite spoglie di democratica ribellione iconoclastica. Altri non hanno un vero messaggio da trasmettere, ma cercano solo di creare uno shock mediatico (penso a due "artiste" di New York, che dipingono vomitando colori o usando altri orifici, storpiando Pollock e Klein). Infine, alcuni artisti molto cinici sanno di produrre schifezze, ma si dilettano nel prendere in giro il mercato dell'arte, vendendo aria fritta... Poi, con questa moda del consumo rapido, dell'auto-celebrazione e del junk art, si pensa che tutto sia arte e tutti possano essere artisti. Purtroppo non è vero.

Lucrezia M. ha detto...

@Skias Onar
E' facile oggi svegliarsi una mattina e dire: "voglio fare l'artista" e sta proprio qui il problema. Quanto alla fotografia, in tanti comprano una reflex e pensano che tanto basti.
Io credo che l'arte oggi abbia un problema di comunicazione, forse derivato dal nostro tempo, dall'eccesso di stimoli e messaggi da cui siamo quotidianamente bombardati. Per carità, si possono anche realizzare opere con una intento puramente estetico, nulla lo vieta, ma deve essere una scelta consapevole.

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