martedì 27 novembre 2012

Museo Civico Archeologico del Pulo - Reti e Sistemi immaginari

Ogni tanto qualche buona notizia allieta anche noi del mondo della Cultura.
Finalmente il Museo Civico Archeologico del Pulo di Molfetta è stato inaugurato. Per l'occasione sono stati invitate una serie di autorità, che hanno dato il loro contributo alla conferenza che si è tenuta dopo la cerimonia, presso l'auditorium "Achille Salvucci" del Museo Diocesano locale. 
Tante le autorità, appunto, un reggimento, il che potrebbe essere positivo. Potrebbe, occhio. 
Ero molto interessata al convegno che seguiva l'inaugurazione, perché avrebbero spiegato e mostrato in cosa sono consistiti i lavori effettuati, lo stato in cui versava l'ex Casina Cappelluti, che ospita il museo, cosa si è fatto per recuperarla, dato che anche questo edificio è patrimonio pubblico di un discreto valore storico-culturale. 
L'eccessivo numero di autorità ha fatto diventare questo incontro un cumulo di discorsi retorici triti e ritriti. Di eventi analoghi io ho diversi ricordi, più o meno da quando seguo con interesse attivo questo ambito. 
Prima ovvietà della serata sono stati i lunghi ringraziamenti a chiunque fosse seduto dietro il tavolo principale. Non è questo che mi ha infastidito, quanto il discorso sulla famosa teoria della rete e dei sistemi.
Il vero problema del Sud Italia nella gestione e fruizione di tanti micro siti culturali, archeologici e artistici è che sono sparpagliati sul territorio, non abbastanza grandi e privi di tutti quei comfort tipici dei grandi musei delle grandi città. Una mole di opere e monumenti che si perdono nella scarsezza dei fondi, nella mancanza di una gestione efficace e nella guerra che si fanno i diversi comuni. 
Da sempre, per ovviare a questa situazione, si propone di istituire dei sistemi e delle reti che mettano in collegamento funzionale questi luoghi
Una bellissima teoria, ma ogni comune e ogni ente continua a tirare acqua al suo mulino, a stiracchiare le quattro lire che ci sono per gestire questi beni e ci si fa la guerra tra le diverse associazioni, che sbucano come funghi dopo la pioggia,  non quagliando niente. 
Proprio la frammentazione delle associazioni culturali è una delle piaghe del nuovo millennio: si dividono le forze e le competenze, quando ci sono, perché non è detto. Dovrei scrivere un altro post sulle incompetenze riscontrate a ogni manifestazione, la scarsa preparazione di molte guide turistiche, che per me non sanno da dove si parte per fare questo mestiere. 
Per farla breve, io avrei tanto voluto chiedere cosa si è fatto in concreto per creare queste reti, se manco nei comuni ci si mette d'accordo sugli orari di apertura di musei e chiese e non c'è un unico posto dove ricevere soddisfazioni in merito. 
Altra informazione sfuggita a uno dei conferenzieri è stato che la ex Casina Cappelluti è nel patrimonio del comune di Molfetta dal 1912. Un secolo. Un secolo durante il quale abbiamo fatto in tempo a farla quasi diroccare. Complimenti. Io avrei dato questa informazione con mestizia e non ficcandola nel mezzo come se stessi parlando del colore scelto per le pareti esterne dell'edificio. La sana vergogna manca. 
Mi è dispiaciuto che chi ha operato realmente per i restauri e il recupero, oltre che per la sistemazione della collezione preistorica e non, abbia parlato meno di chi del progetto sapeva poco, per ovvie ragioni professionali: i primi sono gli archeologi, gli ingegneri e gli architetti, gli altri sono coloro che mettono le firme sui finanziamenti. 
Sono andata via quando il più politico di chi aveva tra le mani un microfono ha deciso di iniziare la sua campagna elettorale. 
Se il Ministro Ornaghi, star della serata, abbia parlato alla fine, io non lo so. 
Su un giornale locale scrivono: 
Nel corso del convegno, l'inaugurazione del museo è stata presentata da più parti come concreta occasione di occupazione per giovani laureati in Scienze dei Beni Culturali.
Siamo sicuri? Chi si è occupato dei lavori e ne ha parlato aveva tra cinquanta e i settant'anni, ingegneri e architetti compresi: cosa impediva di affidare il lavoro a un giovane architetto? E non mi dite che il problema è l'esperienza...
Altra nota dolente: anche l'età media di chi era nell'auditorium era molto elevata, a parte pochi temerari miei coetanei e i giornalisti lì per ovvi motivi. 
La vecchiaia di un paese passa anche da qui. 

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