mercoledì 8 agosto 2012

Perché leggere? - Discorsi da spiaggia

Capita di essere al mare, in montagna, su un treno, in aereo, da qualche parte e di tirare fuori dalla borsa un libro, cercare il segno lasciato con una cartolina e immergersi nella lettura. E' un'azione semplice. E' un'azione per alcuni quotidiana (o sperano di renderla tale). 
Ho da poco finito la lettura del libro di Ray Bradbury, "Fahrenheit 451", è utile tenere a mente questo dettaglio. 
Insomma, un ragazzo nemmeno ventenne ha notato il mattone che avevo lasciato sul bancone del bar dove lavoro (al momento) e mi ha fatto una domanda spiazzante, inquietante e al tempo stesso innocente: "Ti piace leggere?". Ho risposto ovviamente di sì, ma lui è parso scandalizzato (lo era stato già qualche giorno prima, quando gli ho detto di essere laureata in Storia dell'Arte... ma racconterò un'altra volta). Ed  è qui che la domanda è sorta spontanea e terribile:
"A che serve leggere?"
Ecco, bella domanda, un po' da bambino di prima elementare, ma che al giorno d'oggi la fanno i diplomati. 
In un primo momento non ho saputo rispondere. Quando qualcosa per noi è ovvia, perdiamo momentaneamente la capacità di spiegarla agli altri.
Il mio tentativo di illustrare che leggere ti insegna e ti aiuta a pensare cadeva letteralmente nel vuoto, un vuoto spinto, un vuoto sigillato ermeticamente. Quando gli ho chiesto se avesse mai aperto un libro, la risposta è stata che no, mai successo. Ne parlava come fosse una malattia.
Il discorso poi è caduto a causa del sopraggiunto lavoro, ma io ho continuato a pensare a quello che era accaduto. 
E' difficile spiegare esattamente perché leggo, perché ho questo passatempo 'malsano' agli occhi di persone come il ragazzo dell'episodio. Come spieghi il piacere di vivere milioni di vite diverse? Come spieghi le emozioni che provi accanto ai protagonisti di un romanzo? Come si spiega la capacità di una poesia di farti provare sensazioni che vanno oltre l'intelletto e diventano maledettamente fisiche? 
E' arduo anche, e forse di più, far capire come un saggio nella mia mente si trasformi in una piacevole ora del tè, seduta a un tavolino nel centro di Londra negli anni Trenta, con Virginia Woolf, dialogando amorevolmente di un femminismo velato e delicato. 
Non saprei. E' complicato, davvero. Chi legge ha la possibilità di provare e vivere momenti che una vita non basterebbe a contenere e impara a leggere la propria vita nel modo migliore. Chi legge non è esente dagli errori che costellano ogni esistenza, ma ha una consapevolezza diversa di sé e del mondo. Puoi comprendere la realtà o liberarti di essa. Leggere è un coacervo di fatti, emozioni, sensazioni, riflessioni che non si può spiegare così a freddo e in due parole.
C'è un'altra riflessione che mi ha lasciata perplessa e questa riguarda il sistema scolastico. Il ragazzo che mi ha posto quella domanda sconcertante è diplomato, con un voto decente, ma non riesco a capire cosa gli abbiano insegnato, visto che parla in questo modo, visto che non ha idea di cosa sia un libro e leggere. Poi ricordo che anche io sono stata a scuola e no, di certo la scuola non incoraggia la lettura, paradossalmente. 
Mi sono ricordata di un passaggio di "Fahrenheit 451", quando Clarisse descrive la sua scuola a Montag.
"[...] Stare con la gente è una cosa bellissima. Ma non mi sembra sociale riunire un mucchio di gente, per poi non lasciarla parlare, non sembra anche a voi? Un'ora di lezione davanti alla tv, un'ora di pallacanestro, o di baseball o di footing, un'altra ora di storia riassunta o di riproduzione di quadri celebri e poi ancora sport, ma, capire, non si fanno domande, o almeno quasi nessuno le fa; loro hanno già le risposte pronte, su misura, e vele sparano contro in rapida successione, bang, bang, bang, e intanto noi stiamo sedute là per più di quattr'ore di lezione con proiezioni. Tutto ciò per me non è sociale. E' tutt'acqua rovesciata a torrenti, risciacquatura è, mentre loro ci dicono che è vino quando non lo è. Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche Parco di divertimenti a canzonare o provocare la gente, a spaccare vetri nel Padiglione degli spaccavetri o a scassare automobili, nel Recinto degli scassamacchine, con la grossa sfera d'acciaio. O non ci resta che salire in macchina e correre pazzamente per le strade, cercando di vedere quanto da vicino si possano sfiorare i lampioni e quanto strette si possono fare le curve, magari sulle due ruote laterali. Può darsi benissimo che io sia proprio quello che dicono, d'accordo. Non ho amici, io. E questo dovrebbe provare che sono anormale. Ma tutte le persone che conosco urlano o ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente. Avete notato come la gente si faccia del male, di questi tempi? [...] Talvolta, sono antica. [...]" 
(R. Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori, 1998, Milano)
Io sono antica, come Clarisse, e ne sono felice.


10 commenti:

Roke ha detto...

Concordo e trovo bellissimo tutto ciò che hai scritto, compreso l'estratto del libro... tranne l'osservazione del ragazzo!
Purtroppo ho anche colleghi che la pensano come lui. Universitari che odiano la Feltrinelli perchè ci sono i libri... paradossale, no?

al.ma. ha detto...

"A che serve leggere?"
Ieri sera, seguendo "Nautilis", ho ascoltato le parole di Gian Arturo Ferrari. Tentava anche lui di dare una risposta al "perché leggere libri". Non credo ci sia riuscito. O, perlomeno, non avrebbe convinto un ragazzo come quello che ti ha posto la domanda (che, da quanto che ho capito, non aveva aria saccente e presuntosa ma solo… come dire… stupita).
Tu hai puntato sulle emozioni, sulle sensazioni, argomenti che possono anche convincere. Li userei anch'io.
Difficile dire, però, perchè si legge.
Se alla domanda "Ti piace leggere" tu avessi risposto "Certo, e a te cosa piace fare?" e lu ti avesse detto… chessò… "mi piace scalare le montagne, e ho poco tempo per leggere", oppure "mi piace suonare il violino, dedico tutto il mio tempo al violino e non ho tempo per altro", e se per queste sue passioni lui provasse piaceri, emozioni… e provasse "momenti che una vita non basterebbe a contenere", cosa differenzierebbe le tue emozioni, i tuoi momenti dai suoi?
È maledettamente difficile spiegare perché si legge.
Concordo, però, col tuo tentativo.

Lucrezia M. ha detto...

Di gente laureata che non legge ne ho conosciuta tanta. Non me ne stupisco neanche, ma è stata la prima volta che mi hanno rivolto una domanda del genere e, davvero, non sapevo cosa rispondere, per me era surreale.

Sal Modugno ha detto...

Il problema è che le nuove generazioni sono mentalmente pigre.
Non riescono più ad elaborare autonomamente e in modo fantasioso sistemi di astrazione mentale dal quotidiano. Per 'sognare' hanno bisogno di stimoli a tutto tondo, che coinvolgano innanzitutto i sensi primari:la vista, l'udito, il tatto.
Un film tratto da un libro incassa più del libro stesso, perchè fa lavorare meno la mente. Non devi conoscere nulla, non devi elaborare... devi solo assorbire i contenuti utilizzando i tuoi sensi, niente interpretazione personale, niente 'compiti a casa'.

Noi nei libri vediamo immagini, suoni, vite... loro ci vedono solo parole.

Lucrezia M. ha detto...

Ti ringrazio dei complimenti e ti dico che oggi questo povero ragazzo ogni tanto veniva a chiedermi se avessi letto un po' o se avessi finito il libro. Era sconcertante. Ormai gli sorrido e basta, non so che dirgli.
E' vero, le famiglie contano nell'amore della lettura, un parente, un amico, qualcuno che dia l'esempio. Io ho avuto una zia che mi leggeva "Alice nel Paese delle Meraviglie" e mi raccontava l'Odissea, ma non è una fortuna che hanno tutti. Però è vero anche che a sostegno delle famiglie nell'educazione c'è la scuola. Magari gli insegnanti nel tempo libero leggono, ma in classe riescono solo a pensare ai programmi da finire e non è raro odiare alcuni autori che si è stati costretti a studiare, senza aver mai letto una pagina. Si può sempre cambiare opinione, per fortuna.
La conclusione è che le nuove generazioni sono molto ignoranti, paurosamente ignoranti.

Lucrezia M. ha detto...

Ovviamente la ragione è soggettiva e, per quel che mi riguarda, cambia a seconda di cosa leggo e del motivo che mi spinge a leggere un titolo piuttosto che un altro.
E' una domanda difficile.
Il problema è che domenica mi ha chiesto "A che serve l'arte?". A questo punto ho dei seri dubbi sul tipo di stimoli culturali che abbia ricevuto, eppure non si è diplomato con un brutto voto e temo che sia la situazione di molti ragazzi che hanno il "pezzo di carta", ma non la cultura che dovrebbe testimoniare (anche se spesso è la cultura che ci costruiamo da soli ad avere vero valore).
Io ho tentato di rispondergli all'inizio, ma sentivo il rifiuto muto che mi rivolgeva.

Lucrezia M. ha detto...

E io preferisco sempre il libro al film, il fumetto alla trasposizione animata. Io vivo di quella interpretazione personale, immaginare le voci, i suoni, gli odori e l'aspetto del personaggio in questione. Magari c'è una sua descrizione, ma ognuno se lo figura in modo diverso.

Aggiungo che loro ci vedono parole, numero di pagine e provano un senso di noia terribile. L'ho detto, pensano sia una malattia leggere.

Matteo Nigri ha detto...

Sono concorde con Sal in tutto quello che ha detto, ovviamente Lucrezia faccio i miei complimenti verso il tuo blog e tutto quello che hai scritto, che mi ha fatto riflettere parecchio.
Io come tanti non sono stato fortunato nell'avere in famiglia qualcuno che legga assiduamente o che mi abbia letto delle fiabe prima di andare a letto, ma per mia fortuna ho avuto un'insegnante all'elementari che dopo pranzo ci obbligava a dedicare mezz'ora alla lettura, alcuni però la vedevano come una costrizione e dopo più di dieci anni tra tutti i miei vecchi compagni di classe sono rimasto l'unico e continuare con questo " HOBBY".
Per quanto riguarda la domanda del ragazzo, che ormai non è tanto scontata, vista la gente che incontriamo nei nostri cammini, io vi avrei risposto così.
Leggo perché tramite essi possiamo ampliare il nostro lessico, conoscere parole di cui non avremmo mai saputo l'esistenza o il cui suono non avrebbe mai sfiorato le corde della mente, ma leggo soprattutto perché mi permette una crescita interiore che con molte difficoltà potremmo ottenere, ma è possibile anche evadere per qualche ora o solo per qualche minuto dalla nostra vita piena di problemi. Leggere è il mio modo per rilassare le mie membra, viaggiando i mondi sconosciuti, in avventure uniche, navigare nella mente dalla personalità opposta alla mia, mi permette di soffrire, gioire insieme a questi fantastici personaggi che ogni giorno abbiamo la possibilità. Leggo perché non posso farne a meno, mi sembra più facile che respirare alle volte, leggo per conoscere, ma leggo affinché la mia anima si espanda oltre i limite del mio corpo!

Lucrezia M. ha detto...

La tua ipotetica risposta al ragazzo in questione è molto bella, ma ti assicuro che non sarebbe capita. Purtroppo ci sono persone che sono troppo concrete e mancano di quella parte emozionale, mentale o spirituale, se mi passi il termine, che invece per chi legge è fondamentale.
Complimenti alla tua maestra!

Roke ha detto...

"[...]eppure non si è diplomato con un brutto voto e temo che sia la situazione di molti ragazzi che hanno il "pezzo di carta", ma non la cultura che dovrebbe testimoniare (anche se spesso è la cultura che ci costruiamo da soli ad avere vero valore).
Io ho tentato di rispondergli all'inizio, ma sentivo il rifiuto muto che mi rivolgeva."
E' proprio il tipo di gente che cercavo di indicare. E' vero, non c'è da stupirsi (semmai c'è da stupirsi del contrario: trovare qualcuno curioso e interessato a queste cose), però è deprimente; si arriva al punto che per socializzare con i colleghi bisogna guardarsi qualche programma televisivo in auge per riuscire a capire qualche loro discorso. Detto così sembrerebbe che l'ignorante sono io.
E' una categoria di gente che non sopporto a pelle, sempre lì al primo appello a prendere il votone e poi tutto ciò che esima dal libro di facoltà non esiste neanche. Come dici tu, si sente quel 'rifiuto muto' nei confronti di ciò che non li porta ad avere un voto sul libretto.
Comunque, è molto coinvolgente questo post, mi piacciono anche i commenti che ha scatenato!
"Io vivo di quella interpretazione personale, immaginare le voci, i suoni, gli odori e l'aspetto del personaggio in questione. Magari c'è una sua descrizione, ma ognuno se lo figura in modo diverso.

Aggiungo che loro ci vedono parole, numero di pagine e provano un senso di noia terribile. L'ho detto, pensano sia una malattia leggere."
... che dire? Peggio per loro!

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